martedì, gennaio 19, 2010

Libertà

Il fatto sinistro per quanto riguarda la censura letteraria in Inghilterra (e anche altrove, ndr) è che essa è in larga misura volontaria. Le idee impopolari si possono mettere a tacere, e i fatti inopportuni si possono tenere all’oscuro, senza bisogno di nessun bando ufficiale. Chiunque sia vissuto a lungo in un paese straniero, saprà di notizie sensazionali – che avrebbero meritato per il loro valore un articolo di prima pagina – non apparse sulla stampa britannica, non per intervento del governo, ma per un tacito accordo generale secondo il quale quel tale fatto “non sarebbe” da accennare. Finchè si tratta dei quotidiani, è facile capirlo. La stampa britannica è estremamente centralizzata, ed è, per la maggior parte, in mano a uomini potenti che hanno tutti i motivi per essere disonesti, quando si tratta di questioni importanti. Ma lo stesso tipo di velata censura opera anche su libri e periodici, come sul teatro, il cinema, la radio. Per ogni dato momento c’è un’ortodossia, un corpo di idee che, presumibilmente, tutti i benpensanti accetteranno senza batter ciglio. Non è espressamente proibito dire questo o quest’altro, ma “non va fatto”, proprio come in età vittoriana “non andava fatto” di nominare i pantaloni davanti a una signora. Chiunque sfidi il conformismo corrente, si troverà zittito con un’efficacia sbalorditiva. Una opinione che vada veramente controcorrente, non ottiene quasi mai la giusta considerazione, né sulla stampa popolare né su quella intellettuale”.

George Orwell, tratto da «La libertà di stampa»

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